C’è una frase che mi è rimasta in mente leggendo il corposo report di Madison & Wall: “The Future Of Planning Is The Platform”. In un certo senso, è una frase che può sembrare vaga, quasi un gioco di parole. Ma se scendiamo più in profondità, ci accorgiamo che sintetizza perfettamente la direzione che sta prendendo il marketing. Per anni abbiamo vissuto (e in molti vivono ancora) la contrapposizione tra brand building e performance. Da un lato, chi investe per costruire un marchio solido e memorabile nel tempo. Dall’altro, chi spinge per ottenere risultati immediati, con metriche tangibili e tracciabili. Due mondi che, per molto tempo, si sono guardati in cagnesco.
Ma oggi, grazie alle piattaforme e ai dati, questo muro sta crollando. E la domanda che dovremmo porci non è più “Dovrei investire in brand o performance?”, ma piuttosto: come posso integrare i due obiettivi in un ecosistema che li faccia lavorare insieme?
Dove sta andando il brand building?
Le piattaforme digitali stanno cambiando il modo in cui i brand costruiscono la loro identità. Il report di Madison & Wall evidenzia una verità chiave: il concetto stesso di brand sta diventando sempre più dinamico. Non è più (solo) una questione di grandi campagne emozionali e di riconoscibilità nel tempo, ma anche di come il brand interagisce in tempo reale con il suo pubblico.
Alcuni punti chiave del report che vale la pena riportare sono:
- L’identità del brand non è più fissa, ma si evolve in base ai dati e alle reazioni del pubblico.
- Le piattaforme social e i marketplace stanno ridefinendo il concetto di “awareness”. Un brand non esiste solo per quello che dice di sé, ma per come viene percepito in contesti diversi.
- La fedeltà al marchio non si costruisce più solo con messaggi istituzionali, ma con micro-interazioni ripetute nel tempo.
In pratica, il brand building non è più solo top-down, ma un processo iterativo, modulare e adattivo. Un’azienda oggi deve essere capace di costruire un’identità coerente, ma al tempo stesso abbastanza flessibile da adattarsi rapidamente a ciò che il mercato richiede. Analisi dei bisogni, insomma, “ascoltando i momenti dell’utente” (quelli che nel mio libro chiamo “micro-momenti di riflessione”) utili ad intercettarli, a qualificarli e definirli in modo univoco.
E la performance?
Per anni, la performance è stata sinonimo di dati, conversioni e ROAS. Ma l’evoluzione delle piattaforme sta ridefinendo anche questo. Il report sottolinea un punto interessante: le piattaforme non sono più semplici strumenti di distribuzione, ma veri e propri ecosistemi che determinano il comportamento d’acquisto.
Pensiamo agli algoritmi di Amazon, TikTok Shop, Meta Ads: il pubblico non decide più cosa acquistare con un ragionamento lineare, ma viene influenzato da un mix di suggerimenti, comportamenti passati e micro-momenti di esposizione al brand.
Ancora alcuni trend chiave:
- Le metriche di performance stanno cambiando. Non basta più guardare ROAS e conversioni dirette: bisogna considerare interazioni a lungo termine, lifetime value (il ricavo che nel tempo faremo su un cliente) e contributo alla crescita complessiva del brand.
- I dati di prima parte diventano il cuore della strategia. Le aziende devono raccogliere e sfruttare al meglio i propri dati per capire come ottimizzare l’intero funnel, non solo l’ultima fase di conversione.
- Le piattaforme premiano chi sa creare un equilibrio tra contenuto e performance. TikTok e Instagram, per esempio, non vogliono più annunci “puri”, ma contenuti che si integrano organicamente nella fruizione dell’utente.
In pratica, il marketing a performance non può più essere inteso come un gioco a breve termine. Deve essere parte di una strategia più ampia, in cui il dato, oltre ad essere un indicatore di conversione rappresenta una vera e propria bussola per migliorare tutta la strategia di crescita del brand.
Quindi, cosa cambia?
Il futuro non è brand building o performance. Il futuro è brand building e performance. O ancora meglio è:
- Un sistema integrato in cui la parte alta del funnel (brand awareness) alimenta quella bassa (performance) e viceversa.
- Un modello data-driven, in cui l’investimento in branding è ottimizzato proprio grazie all’analisi delle performance.
- Una relazione più fluida tra contenuto e pubblicità, in cui la distinzione tra “adv” e “contenuti organici” non è più netta.
La vera sfida per chi fa marketing oggi è smettere di pensare “a silos“, avere una mentalità aperta per accettare evoluzione e cambiamento e iniziare a vedere il tutto come un ecosistema connesso. ChatGPT Search ha rivoluzionato il nostro modo di fare le ricerche online. Allo stesso modo, come cita il report, è la piattaforma stessa che sta diventando oggi la strategia e il modo in cui interagiamo con esse non è più solo una questione di strumenti e tattiche, ma di vera e propria visione d’insieme.
Attenzione: chi non lo capirà, rischierà di rimanere bloccato a inseguire metriche di breve termine. Al contrario, i brand più lungimiranti, riusciranno a costruire un vantaggio competitivo che durerà molto più a lungo.
Se vuoi approfondire, puoi consultare il report completo qui.
Alla prossima!
Antonio
Formatore sui temi del Marketing Digitale per TheVortex e per la prestigiosa 24Ore Business School, è nell’albo dei formatori Promos Italia, Agenzia Italiana per l’Internazionalizzazione. Autore del libro bestseller Amazon “Calamite Digitali”, Fondatore dello Studio Pubblicitario Quattrocolori. Consulente Marketing ed Esperto di Social Media. Marito di Mariagrazia. Papà di Alessandro. Creativo. Dinamico. Ottimista.